Il linfedema: alcuni accenni
Il linfedema è una condizione patologica che si manifesta attraverso un gonfiore localizzato dovuto ad un accumulo di linfa nei tessuti, nel nostro caso, in conseguenza ad un intervento.
Esistono due tipologie di linfedema: primario e secondario. Il linfedema primario ha un’origine genetica o in alternativa può essere conseguente a patologie infettive. Nel caso di patogenesi genetica può manifestarsi a partire dall’infanzia in tenera età, ma anche durante l’adolescenza.
Il linfedema primario attualmente è oggetto di maggiore attenzione da parte delle autorità sanitarie, non a caso è rientrato nei LEA ed ha quindi una serie di agevolazioni che nel caso di un linfedema secondario da intervento non sono previste.
Per quanto concerne il linfedema secondario, quasi sempre post chirurgico, può verificarsi anche a seguito di un ciclo di radioterapia o di terapia oncologica. Il linfedema secondario tendenzialmente interessa un solo arto, difficilmente entrambi, a meno che non si tratti di casi in cui è stata svolta un’operazione su entrambi. Solitamente colpisce il lato corrispondente alla mammella operata (nel caso di un tumore al seno), ma può insorgere anche post intervento ad un melanoma, quando si è costretti ad asportare linfonodi per scongiurare la malattia. Può interessare anche una gamba dopo un intervento ginecologico, vescicale, oppure addominale, del basso addome, rettale, se l’intervento ha previsto la rimozione di linfonodi inguinali.
Fortunatamente, grazie a delle tecniche chirurgiche sempre più precise e accurate, è possibile preve-nirlo e si manifesta sempre meno.
Il linfedema secondario si manifesta quando vengono asportati chirurgicamente o sottoposti a radioterapia i linfonodi regionali, presenti a livello ascellare o inguinale. L’intervento che statisticamente registra la maggior insorgenza di linfedemi post operatori attualmente è la mastectomia. Si stima che circa nel 20-25% delle donne che hanno subito una quadrantectomia o una mastectomia, dove però ci sia stata asportazione dei linfonodi ascellari, si manifesti il linfedema in gradi diversi. La stima può aumentare e l’incidenza può arrivare anche fino al 35% quando l’intervento chirurgico viene associato alla radioterapia.
In Veneto nel 2019 è stata promossa un’indagine, all’interno delle strutture sanitarie, per verificare il numero effettivo di casi di linfedema. Dall’ispezione sono risultati linfedemi di gravità variabile e solo in riferimento ai casi seguiti nelle strutture sanitarie quindi ospedali e Ulss, senza ovviamente poter verificare cosa accadesse e quale fosse l’incidenza nei pazienti di centri convenzionati o delle associazioni. Questi casi non sono rientrati nel computo regionale.
Questo dà un’idea sulla dimensione di un problema che non sembra essere sufficientemente preso in carico dalle istituzioni.
Sostanzialmente le cause di insorgenza del linfedema sono molteplici. Essa è connessa al nostro personale sistema linfatico (poiché la sua funzionalità è soggettiva e gli stessi linfonodi non sono presenti in numero eguale in tutti i pazienti), alla tecnica con cui si interviene ed infine al numero di linfonodi che vengono asportati. Quindi siamo di fronte ad una concatenazione di possibili cause.
I sintomi possono anche essere inizialmente delle piccole variazioni impercettibili, dei piccoli campanelli d’allarme: la sensazione che vestiti, orologi, anelli, scarpe stringano, oppure formicolii alla mano, alle braccia, al piede a seconda del distretto interessato, ritenzione, sintomi che in persone esposte al rischio non andrebbero mai sottostimati. Quindi una persona che a seguito di un’operazione con asportazione di linfonodi manifesti questo tipo di sensazioni deve assolutamente prestarvi attenzione e recarsi subito da un fisioterapista preparato per iniziare un ciclo di linfodrenaggio. Ancor meglio sarebbe la prevenzione sin dal primo momento dopo l’intervento, dopo la fase di ripresa.
Nell’ottica di evitare l’insorgenza del linfedema, è opportuno consultare il chirurgo che ha eseguito l’intervento, per conoscere il potenziale rischio e ottenere le giuste risposte già a partire dal primo post operatorio. La progressione del linfedema è lenta e graduale e spesso per questo viene sottovalutata e trascurata, ma avviene. Per questo esistono diversi approcci terapeutici. Il più diffuso e conosciuto è probabilmente il metodo fisico riabilitativo di terapia decongestiva complessa. Esistono diverse metodologie: Vodder, Foeldi, Belgrado. Disponiamo anche di opzioni farmacologiche, basate su farmaci vasoprotettori o diuretici che però sono sconsigliati perché creano effetto rebound; chirurgiche, come l’intervento di anastomosi venosa tra il sistema venoso e il sistema linfatico o interventi meno invasivi di microchirurgia soprattutto nel policlinico di Siena presso il professor Giordano, oppure a Roma e Mestre dal professor Busetto.
Vediamo adesso quali sono gli stili di vita, quali sono le abitudini che fanno la differenza. Innanzitutto, un ruolo decisivo sulla riduzione del linfedema lo giocano il peso corporeo e l’alimentazione. Con i chili di troppo il grasso costringe i vasi e quindi in una circolazione già alterata questo deflusso lento a peggiora certamente la situazione. Oltre al controllo del peso per combattere il linfedema esistono anche delle buone abitudini come l’attività fisica o l’uso di guaine e calze elastiche capaci di favorire la circolazione.
Anche il tutore è spesso un ausilio necessario per coloro che sviluppano un linfedema. In seguito del Dpcm del 12 gennaio 2017 (Gazzetta Ufficiale n. 65 del 18 marzo 2017) è possibile ottenere un rimborso seguendo uno specifico iter. Il primo passaggio consiste nel fare richiesta di invalidità al medico di medicina generale che a quel punto attiva la procedura fornendo la documentazione con la quale si andrà presso un Cup da cui la richiesta verrà inoltrata all’Ulss e potranno passare un massimo di 90 giorni prima che l’Inps convochi per effettuare la visita da parte di una commissione. Una volta fatta la visita e accertata un’invalidità che non deve essere inferiore a 33,33% cioè un terzo, se è inferiore non si ha diritto a rimborso, si dovrà effettuare la visita fisiatrica, meglio non in convenzione ma in una struttura sanitaria pubblica. Poi una volta ottenuta la documentazione necessaria si potrà andare in un negozio di articoli sanitari a richiedere un preventivo che, una volta ottenuto, dovrà essere portato al proprio distretto sanitario per l’autorizzazione della spesa.
Ottenuta l’autorizzazione sarà possibile effettuare l’acquisto sapendo di poter ricevere il rimborso della spesa sostenuta. Alcune ULSS chiedono due preventivi ed è quindi necessario recarsi presso due negozi di articoli sanitari. Inoltre, il rimborso è corrisposto per l’acquisto di un solo dispositivo all’anno.